
Educazione sentimentale del gamer

Gaetano, timido spettatore del mondo, trova nel gaming un’arena per farsi sentire. Dalla tastiera alla vita reale scopre il coraggio di rischiare, rialzarsi e tendere la mano: trasforma il silenzio in energia che motiva e dà slancio a chi lo circonda.
Gaetano è un ragazzo particolare. Non perché si vesta in modo strano o dica cose bizzarre, né perché abbia abitudini fuori dal comune. La sua particolarità è più sottile, meno appariscente. Vive ai margini, come se il mondo gli scorresse accanto senza coinvolgerlo pienamente. A scuola, nei corridoi affollati e rumorosi, cammina con passo tranquillo ma quasi invisibile, evitando sguardi diretti, mai prendendo il centro della scena. Ha occhi attenti, profondi, come chi osserva sempre qualcosa che sfugge agli altri, ma raramente parla. E quando lo fa, le sue parole sono misurate, precise, come se ogni frase dovesse meritare di essere detta.
Gli altri scambiano questa riservatezza per timidezza. I genitori, gli insegnanti, tutti ripetono: “È una fase. Crescendo, si aprirà.” Invece no: gli anni passano e Gaetano sembra sempre più a suo agio nel suo mondo silenzioso. Non è asociale, non si nega alle persone come se fossero una minaccia. Semplicemente, preferisce osservare piuttosto che partecipare. Mentre gli altri bambini giocano a rincorrersi nel cortile – è il 2002 – lui sta seduto sul bordo della fontana, scruta il riflesso tremolante dell’acqua immaginando storie, combattimenti epici, mondi lontani.
Quando diventa adolescente, la sua propensione alla solitudine si accentua ancora di più. In un’età in cui tutti cercano con ansia di affermare la propria identità, Gaetano sembra volerla proteggere.
A scuola, la riservatezza diventa un’armatura. Non apre quasi mai bocca in classe, a meno che non lo interpellino o non sia strettamente necessario. Quando lo interrogano, risponde con esattezza ma senza entusiasmo. Non è tra i più brillanti, ma nemmeno tra gli ultimi. Vive in una terra di mezzo dove l’anonimato è un rifugio sicuro. Non può dire di avere veri amici, ma nemmeno nemici. È semplicemente quello silenzioso, quello gentile, quello che nessuno conosce davvero.
Per Gaetano, la solitudine non è un peso. Al contrario, stare da solo gli dà spazio per pensare, per esplorare il suo mondo interiore. Tuttavia la notte, nel silenzio della sua stanza, qualche volta un senso vago di mancanza inizia a farsi sentire. Non è tristezza, né malinconia. È qualcosa di più indefinito: sta nascendo in lui un desiderio che gli è sconosciuto. Il desiderio di essere visto, compreso, ascoltato.
E così la riservatezza che ha coltivato per anni comincia a sentirla come una gabbia – quattro muri in cui si è chiuso mattone dopo mattone. In certi momenti, questi un po’ sconfortanti, arriva persino a pensare che, dopo essersi rinchiuso lì, ora non riuscirà più a uscirne. Però, ecco, però ci sono le sere al computer.
Se per molti suoi coetanei il computer è un passatempo (giocarci o trafficarci serve a spegnere la mente), per Gaetano è invece uno spazio dove sentirsi libero – e, talvolta, in compagnia. Perché il mondo digitale di allora, assai diverso da quello di oggi, lo mette al riparo dai giudizi che ha iniziato a temere nella vita quotidiana, quei giudizi immediati sulla postura, sul modo di parlare o sorridere, finendo per evitare lo sguardo. C’è un gioco in particolare, League of Legends, un gioco di strategia in cui due squadre composte da cinque persone devono affrontarsi per riuscire a distruggere la base avversaria. Chi lo fa per primo ovviamente vince.
All’inizio è solo uno dei tanti giochi provati per curiosità. Ma a poco a poco, ecco, quel videogame si trasforma nel luogo dove Gaetano – pur seduto davanti a uno schermo, le mani su mouse e tastiera – riesce a evadere dalla solitudine sentendosi parte di qualcosa. Perché, per giocare, servono prontezza, capacità di analisi e, soprattutto, lavoro di squadra.
Gioca ogni sera, spesso fino a tardi, senza però alienarsi: gioca per esplorare, imparare, migliorare. E un giorno, notato un annuncio di un team amatoriale, anche se titubante decide di candidarsi per la posizione di Supporto. Il nome del team è 5Hydra. Che per quanto amatoriale è ben organizzato, con obiettivi, allenamenti, un forte senso di appartenenza.
“Hai un ottimo tempismo e un’intelligenza tattica notevole. Hai mai pensato di entrare in un team?” gli chiedono riguardando insieme una delle sue ultime partite.
Gaetano ci mette un po’ a rispondere. È lusingato ma anche spaventato. Dopo qualche giorno, con il cuore che batte forte, decide di prendersi il rischio. Accetta.
E per quanto possa apparire una cosa da nulla, l’ingresso nei 5Hydra è un evento che segna un prima e un dopo nella sua vita. All’inizio, com’è prevedibile, Gaetano fatica a parlare. Ma il gioco richiede coordinazione, dialogo, scambio di opinioni. Comincia con una manciata di parole, ma presto si accorge che nessuno lo giudica. Anzi, gli altri lo ascoltano! Apprezzavano ciò che dice e, quando non sono d’accordo, glielo dicono senza esprimere giudizi personali.
Per la prima volta, Gaetano non si sente più “quello strano”, “quello silenzioso”: si sente un compagno. Un support strategico. Un giocatore determinante. Allenamenti e partite lo mettono alla prova, lo costringono a prendere decisioni rapide, a gestire la pressione. Ma, sorprendentemente, in quelle situazioni Gaetano adesso si sente più vivo. Non più solo spettatore, ma protagonista.
Ecco perché qualche mese più tardi Gaetano accetta un invito che solo un anno prima avrebbe rifiutato senza pensarci su – una piccola LAN party, un weekend per incontrarsi, conoscersi di persona, giocare insieme dal vivo. Gaetano non dice subito di sì. Esita un po’… Ma ormai qualcosa dentro di lui sta cambiando. Ha voglia di mettersi alla prova anche nel mondo reale. Il primo giorno è difficile. Si sente impacciato, fuori posto, osservato. Ma i suoi amici sono accoglienti, amichevoli, sinceri. La loro compagnia inizia a farsi piacevole, tanto che Gaetano riesce lentamente a mostrarsi per quello che è, arrivando a stringere un legame di amicizia che dura ancora.
Anche se Gaetano, grazie al mondo digitale, è cresciuto emotivamente e a livello interpersonale, la vita non segue sempre un copione lineare. E infatti una sera, durante una sessione di allenamento con i 5Hydra, sbaglia due volte di fila una mossa cruciale. L’errore costa la partita al team ma i compagni sono comprensivi, lo rassicurano, eppure dentro di lui qualcosa si incrina. Quel vecchio senso d’inadeguatezza che sembrava sepolto torna a farsi sentire. Non si sente più il ragazzo che gioca per piacere, per sentirsi parte di qualcosa: ora avverte il peso delle aspettative, anche solo di quelle che si è costruito da solo. E comincia a domandarsi se sia davvero all’altezza.
Quell’anno, inoltre, si rivela difficile anche fuori dal gioco. Una serie di assenze a scuola, un periodo complicato nel privato, lo portano a perdere l’anno scolastico. Così, dopo averci riflettuto insieme ai suoi genitori, Gaetano prende una decisione necessaria: interrompere il percorso negli e-sport. Cioè smettere di giocare a League of Legends. Ha bisogno di ritrovare il senso delle priorità. E per farlo si trasferisce a Torino qualche mese. Lì lavora, risparmia, si paga la patente e l’auto. E, soprattutto, si prende il tempo per capire che direzione dare alla propria vita. Non è una fuga, ma una pausa consapevole.
Quando torna a Bergamo è diverso. Più concreto, più motivato. Si iscrive alle scuole serali per completare la quinta superiore, mentre di giorno lavora. Le giornate sono lunghe, piene. Non ha più tempo per giocare con costanza, da professionista, ma non gli pesa: quel tempo, ora, lo investe per costruire il futuro. E quando gioca, lo fa in sessioni più leggere, più umane. Non ci sono più solo strategie e punteggi: ci sono confidenze, affetto, compagnia. Con alcuni membri del team 5hydra Gaetano stringe legami che esistono al di fuori del gioco.
Ed è così che il suo carattere cambia, che Gaetano evolve. A poco a poco inizia ad andare a feste, esce la sera, si relaziona con tutti, senza più la timidezza o il timore di essere giudicato. Proprio in questo periodo, in una festa in terrazza a cui è stato “imbucato”, conosce Arianna, una persona speciale e che non aveva mai visto prima, ma che al primo sguardo gli appare subito come la persona che cercava da tutta una vita. È una di quelle sere d’estate in cui l’aria profuma di asfalto caldo e gelsomino. Lui non conosce quasi nessuno alla festa, a un certo punto fa per andarsene ma, ecco, la vede. Non conosce il suo nome, ma il modo in cui ride, con gli occhi stretti e la testa leggermente inclinata, lo colpisce come un fulmine. Lei nota subito il suo sguardo un po’ spaesato e gli si avvicina con naturalezza: «Anche tu ti senti fuori posto?». Finisco per parlare tutta la sera. Di serie TV, di sogni, di errori. È come se si conoscessero da sempre. E da quella sera non smettono più di cercarsi.
Una sera d’inverno di qualche anno dopo, lui e Arianna si ritrovano sul divano, una coperta sulle gambe e una tisana in mano. Stanno guardando un film, ma a un certo punto lui si volta e le dice: “Ti ricordi quando mi nascondevo dietro al silenzio? Quando non riuscivo nemmeno a chiedere un bicchiere d’acqua in un bar?”
Alessia sorride. “Mi ricordo. Ma ricordo anche il giorno in cui mi hai parlato per la prima volta con sincerità. E non ho mai smesso di ascoltarti.”
Quel momento, come tanti altri, non ha nulla di eclatante. Ma racchiude tutto il senso del percorso di Gaetano. Oggi lui è ancora quel ragazzo riflessivo, silenzioso, attento, ma c’è qualcosa di diverso nei suoi occhi: una luce che prima non c’era, una quieta determinazione. La solitudine non è più un rifugio, ma una scelta quando serve. La socialità non è più una forzatura, ma un modo di condividere ciò che è diventato.
La sua vita è un equilibrio tra mondi: quello digitale, che continua ad amare ed esplorare, e quello reale, che ha imparato ad abitare con fiducia. Gioca ancora, disegna, ama. Ma soprattutto, vive. Non corre più per dimostrare qualcosa. Cammina al proprio passo. E chi gli sta accanto, oggi, cammina con lui.
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Scritto dalla redazione di Prove d’orchestra
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